Il 2020 è iniziato un po’ come il prosieguo del 2019, nel senso che trattandosi di un anno finito con diversi sospesi, il 2019 non mi è mai sembrato davvero concluso. Non ha aiutato affatto il 2020 in questo, purtroppo. La maggior parte dei sospesi sono rimasti tali. Quest’anno però è stato senza dubbio un anno di “prime volte”. Ci sarebbero un sacco di altre cose da dire sul 2020, ma vorrei provare a concentrarmi sulle prime volte, o magari a partire da quelle. Penso che siano comunque una buona rappresentazione di questo anno che ci apprestiamo a chiudere.

Ho accarezzato una manta

Iniziamo col botto. Ho accarezzato una manta! Diciamo che questa è una delle varie cose che ho fatto per la prima volta, e tutte a Gennaio del 2019 – seconda parte. Ho fatto la mia prima vacanza in un villaggio, ai Caraibi. È stata una settimana di prime volte: prima volta in viaggio con mio padre, la sua compagna e la mia sorella acquisita, prima volta in un villaggio, prima volta con l’animazione, primo bagno nell’oceano… Una bellissima esperienza, di cui mi è rimasto un fantastico ricordo.

Nell’arco di pochi giorni ho consumato due rullini Polaroid, usato il telefono veramente poco, se non per scattare qualche altra foto dove le istantanee non potevano arrivare (o anche dove potevano arrivare, ma magari mi andava di usare qualche foto come sfondo del telefono o del computer), ho conosciuto un sacco di gente simpatica, mi sono prestato ad innumerevoli “giochi” e “scherzi” da animatore, ho guadagnato il soprannome di “ispettore”… Ci sono state molte prime volte e sono stato veramente molto bene… Fortunatamente per me, nel senso che quella sarebbe stata l’ultima vacanza dell’anno, quindi è stato un gran bene che fosse una vacanza col botto.

Inoltre, avevo proprio bisogno di staccare e di allontanarmi un po’ dal lavoro, che aveva iniziato ad essere pesante (ma ancora davvero non sapevo che cosa mi aspettasse nel resto dell’anno) e dai miei pensieri. Pensieri che non sono riuscito davvero a lasciare fuori dall’aereo e che in realtà mi hanno seguito fin dall’altra parte del mondo… Non che ci fosse da sorprendersi, l’ho detto spesso ad un amico che dopo aver rotto con la sua ragazza storica si è messo in testa di voler lavorare “lontano”, che ovunque potesse scappare, i suoi fantasmi sarebbero andati con lui, per cui davvero non so cosa mi aspettassi.

Sono stato da solo

Questa non sembra proprio una novità, ma va vista in contesto. Quando dico solo, intendo proprio solo solo, senza avere contatti umani. Il mio primo lockdown mi ha sorpreso nel mio piccolo appartamento e qui sono rimasto per mesi (non saprei davvero neanche dire quanti) senza vedere anima viva, senza uscire di casa se non una volta a settimana per fare spesa, anche se trattandosi di un’operazione degna delle squadre speciali militari, per organizzazione e durata, praticamente mi ritrovavo dentro casa con le buste della spesa nel giro di qualche minuto. L’ho già scritto che vivo in un piccolo appartamento?

Pensavo di essere allenato a stare da solo, visto che fondamentalmente è quello che faccio da diversi anni, ma la verità è che la mia solitudine era comunque interrotta da tanti piccoli momenti di compagnia: già il semplice andare in ufficio e scherzare sui temi caldi della politica durante il tragitto con i colleghi, ai caffè con gli amici, alle serate passate in questo o quel posto, o a casa di qualcuno a giocare a qualcosa o solo a parlare del niente. È stato più impegnativo del previsto, ma tutto considerato, non me la sono cavata male. Mi sono dedicato alla cucina (sì ho fatto anche io la pizza, come tutto il resto degli italiani, pur non avendo l’attrezzatura adatta) e ho provato (senza successo) a finire Zelda Breath of the Wild per Switch, distraendomi per raccogliere tutti i ricordi (questo è proprio da me) e decidendo di voler completare tutti i sacrari prima di finire il gioco.

Ho anche rimesso mano ad un progettino che avevo iniziato nell’ormai lontano 2016, niente di utile, niente di neanche lontanamente profittevole, solo una cosa che avevo iniziato tanto tempo fa e che ho potuto finire. Non sembrerà chissà cosa come traguardo, ma il fatto è collegato ad un altro tema centrale del 2019 – seconda parte: l’insoddisfazione.

Ho pensato di licenziarmi

Nell’ultimo anno il mio lavoro è cambiato. Dicono che vada così quando si fa carriera, ma se il risultato di fare carriera è fare un lavoro peggiore, non sono proprio sicuro di averci guadagnato. Di sicuro non in salute mentale, o neanche fisica se è per questo, dovendo combattere con mal di pancia dovuti alle tensioni lavorative e mal di schiena dovuti all’essermi ritrovato a lavorare per mesi su una sedia IKEA che di certo non è stata pensata per l’uso da ufficio. Insomma, durante il primo lockdown ho seriamente pensato di licenziarmi. Non perché avessi altre proposte, non perché volessi andare da qualche altra parte, o avessi qualche alternativa, ma solo per tutelare la mia salute (principalmente mentale). Anche se magari questo doveva significare rimanere senza lavoro e avrebbe semplicemente sostituito dei problemi, con degli altri problemi, in quel momento anche il solo cambiamento del tipo di problemi sarebbe stato un cambiamento bene accetto.

Alla fine non l’ho fatto. Così come non l’hanno fatto i miei colleghi che si sono trovati loro malgrado a lavorare sullo stesso progetto al quale lavoravo io. Abbiamo fatto squadra, ci siamo sorretti a vicenda. Se uno qualsiasi di noi avesse ceduto, gli altri l’avrebbero seguito, quindi si può dire che, almeno nel mio caso, l’abbia fatto più per loro che per me.

Sono stato terapista di coppia

Questo è a metà tra il “consueto” e lo “strano” più che essere una prima volta, ma anche in questo caso, la differenza è più che altro nell’intensità e continuità con cui l’ho fatto. Negli ultimi due mesi, ho passato buona parte delle mie serate (al ritmo di una o due ore ogni sera) a fare supporto psicologico a due cari amici che mi sono stati molto vicini quando sono stato lasciato. Ora che essenzialmente stava capitando a loro, mi sono venuti a cercare entrambi, indipendentemente l’uno dall’altra, per avere dei consigli. È curioso come vengano a chiedere consiglio a me, quando è evidente come non sia la persona migliore a cui fare domande sulla vita di coppia, eppure per qualche motivo sono convinti che io sappia come ci si debba comportare con le persone. Questo paragrafo è sempre meno credibile, per ogni frase che aggiungo. In ogni caso, sono felice di poter fare qualcosa per loro, e in qualche modo di restituire il favore, anche se in questi ultimi due mesi è come se mi fossi lasciato di nuovo anche io, giorno dopo giorno, telefonata dopo telefonata. È stato abbastanza faticoso. Mi hanno fatto domande di cui nessuno conosce la risposta, e domande sulla mia storia, le cui risposte ho fino ad ora fatto in modo di non indagare. Sfuggo da queste domande da quando è successo a me, e per un po’ ero riuscito a metterle a tacere senza risposta, perché una risposta non valeva neanche la pena cercarla. Hanno iniziato di nuovo a inseguirmi dalla notte delle magre consolazioni e io continuo a prendere strade che non conosco nel tentativo di lasciarmele alle spalle. Questa volta, sono state le voci di due amici a farmi quelle domande che di solito mi faceva la mia testa, e ancora una volta ho evitato di rispondere, anche se è sempre una scelta dolorosa.

Ho pranzato da solo al ristorante

Questa non sembra un granché ma in realtà ha avuto un impatto più grande di quello che possa sembrare. Ho sempre provato un misto tra compassione e invidia per quelle persone che riescono a fare le cose da sole. Ci sono cose che io da solo non riesco neanche a pensarle. Ordinare la cena o il pranzo da asporto non è un problema, l’ho fatto spesso quest’anno (più che altro per non far mancare il mio supporto ai ristoranti del mio cuore, che per altri motivi), ma pensare di andare a cena o a pranzo fuori in un ristorante, da solo, mi fa un effetto molto diverso.

Ci sono stati giorni in cui magari ho preso una pizza al volo da qualche parte per lavoro, ma qui si parla proprio di andare in un posto di cui ti piace la cucina, per godertela da solo, senza avere nessuno con cui fare conversazione, in silenzio.

Andare a pranzo fuori da solo è stata un’esperienza. Non so se sono diventato una di quelle persone così profondamente sole da riuscire a fare queste cose nonostante le strane sensazioni che si diffondono da questi luoghi, o se sono diventato semplicemente insensibile alle sopracitate strane sensazioni, in ogni caso ci sono andato e non è stato neanche troppo male. Strano sì, quello senza dubbio, ma quest’anno alle cose strane ci ho dovuto più o meno fare l’abitudine.

Cinema da solo e viaggi da solo saranno i prossimi? Non lo so sinceramente, però sicuramente, dopo il pranzo da solo, rientrano nell’ambito del possibile.

Fine seconda parte

Cosa mi aspetto dal 2021? Non molto. Ho passato praticamente tutto l’anno ad aspettare che succedessero cose e non ne è praticamente successa nessuna. Più che aspettarmi cose, spero che si concluda presto anche la terza parte del 2019, quella che inizia domani e che sono convinto durerà ancora qualche mese.