Non credo negli oroscopi. Non mi sembra di averci mai creduto… Penso di aver sempre snobbato la cosa, e ovviamente questo mi ha portato a dover partecipare a più di una discussione sull’argomento. Però una cosa dell’oroscopo mi è d’aiuto per esprimere il concetto che ho in mente.

Gli oroscopi sui quotidiani sono più o meno tutti accomunati dalla stessa struttura. Amore, salute, lavoro… Che altro? Sono convinto che le voci siano quattro, ma ne so talmente tanto poco, che non riesco a ricordare l’ultima. Vogliamo dire amici? Famiglia? Boh, scegliete voi.

Non ho mai pensato nella mia vita che tutto stesse andando per il verso giusto. Ci sono andato vicino, sicuramente, una volta o due, ma non ho mai pensato che tutto andasse bene. Non è così strano a pensarci, no? Quelle sono situazioni da film, o da romanzo rosa. Le cose non vanno mai tutte bene o tutte male, ma sempre un po’ e un po’. Se dovessi scrivere la pagella dell’oroscopo retroattivamente, in modo se non altro da azzeccarci, sono sicuro che sarebbero veramente poche le settimane con 5 stelle su tutte le voci.

Quando tutte le cose andavano per il verso giusto, tutte le cose erano il lavoro e l’amore. Loro avevano quattro o cinque stelle. La famiglia andava un po’ così (e con un po’ così, in realtà intendo che se arrivavano a due stelle era già un successo).

Quando invece tutte le cose andavano abbastanza male, tutte le cose erano l’amore e la famiglia. A volte le amicizie, quando si trattava di un periodo veramente negativo.

La costante in queste due situazioni, come avrete notato, è che il lavoro non andava mai male. Questa cosa va avanti da prima che il lavoro fosse effettivamente lavoro, e succede addirittura da quando il lavoro era la scuola.

La colpa, o forse il merito, di questo mio modo di vedere le cose è di mio padre. Quando ero piccolo, ricordo chiaramente che papà tornava sempre a casa per ultimo. Io ero già a cena e spesso anche mia madre non lo aspettava. Inoltre, di frequente veniva anche chiamato nel cuore della notte o nei fine settimana, e doveva ripartire per qualche urgenza. Ricordo chiaramente che una sera, forse per calmare qualche mio capriccio da bambino che non voleva andare a scuola, disse qualcosa del tipo “Neanche a me piace tornare a casa tardi tutte le sere e rovinarmi le mani e la schiena tutto il giorno, o dovermi alzare la notte per le emergenze. Ma questo è il mio lavoro. E lo sai qual è il tuo? Studiare. Ognuno ha il suo lavoro, e lo deve prendere seriamente, quindi fallo anche tu.”.

Sicuramente mio padre non ha usato queste parole: non potrei ricordarmele con esattezza, perché sono veramente abbastanza sicuro di aver avuto sei anni o giù di lì quando le ho sentite, ma sicuramente avrebbe espresso lo stesso concetto in una frase lunga la metà di questa, o forse anche meno. La sintesi è una cosa che da lui proprio non ho ripreso. Per farla breve (o almeno per provarci), lo studio per me era lavoro. E il lavoro pure. Sono sempre stati la stessa cosa, si sono dati il cambio, occupando la sezione “lavoro” dell’oroscopo.

Il lavoro non è mai andato male. Mai. Magari è stato difficile, più o meno soddisfacente, più o meno pesante, più o meno stressante, ma non è mai andato male. È andato così spesso bene, e per così a lungo, che mi sono convinto di essere predestinato al lavoro. Una specie di automa, l’impiegato modello sogno di ogni imprenditore.

Non che non abbia incontrato difficoltà, ma senza mai lasciarmi abbattere, ho continuato a fare quello per cui credevo di essere stato progettato. Lavorare. Parlare con le macchine. Capire, progettare e costruire sistemi complessi. Forse può sembrare strano, ma quando l’unica costante nella tua vita è il fatto che sei in grado di fare bene il tuo lavoro, non è difficile iniziare a pensare di essere nati per quello scopo, visto che tutto il resto, un po’ per volta o tutto insieme, andava puntualmente a gambe all’aria.

Purtroppo da diversi mesi a questa parte, non è più così. Mi sono guastato, evidentemente. Non solo non va tutto bene, ma non va neanche bene qualcosa. Neppure il lavoro. L’unica voce dell’oroscopo che aveva sempre almeno tre stelle, ora ne ha solo mezza.

Questa cosa, unita al fatto che delle altre voci nessuna raggiunge le tre stelle da ormai diverso tempo, mi ha davvero destabilizzato. In tutti i periodi in cui il mio oroscopo sembrava una schedina del totocalcio, il lavoro non è mai sceso sotto le tre stelline, concedendomi un saldo appiglio dove potermi aggrappare in attesa che il resto vedesse finalmente una sorte migliore. Forse è colpa mia, che ho abusato di questa posizione di comodo, senza accorgermi che così facendo avrei eroso un po’ alla volta la sua solida struttura. Oppure doveva semplicemente succedere, ed è semplicemente arrivato il momento.

Il mio lavoro è diventato insostenibile. Ragione di ansia, di stress, di discussioni, di crolli nervosi, di scatti d’ira, di profonde serate di depressione… Non posso più aggrapparmi al lavoro, mi lascio cadere, ma purtroppo sotto non mi aspetta un atterraggio sul morbido.

L’amore è il luogo di un incidente ferroviario. Storie deragliate e accartocciate, le une sulle altre. Persone ferite da tutte le parti, un silenzio spettrale.

Le amicizie, in questi anni scosse da terremoti e maremoti, hanno visto persone arrivare ed andarsene, ferite aprirsi e rimanere tali. Gli irriducibili ci sono sempre, e fanno il possibile, ma in questo momento sento di non riuscire ad aprirmi con nessuno di loro. Non ho risposte per le loro domande, quando sondano la mia vita. Alzo le spalle. Non so.

La famiglia si alterna tra il passabile e il tetro. Probabilmente trovarsi nel mezzo di una crisi economica mondiale non aiuta neanche in questo caso. Ci sarebbero libri da scrivere su questo argomento, ma li lascio volentieri ad altri.

Infine, anche la salute ha visto momenti più rosei. Problemi irrisolti tornano a preoccuparmi, e il mio umore non fa che peggiorare. Mesi di telelavoro, su una scrivania troppo piccola per le mie stupide gambe lunghe, e senza una buona sedia a prendersi cura della mia stupida schiena storta, mi hanno reso legnoso come uno spaventapasseri e cigolante come una vecchia porta tarlata.

Passo serate intere senza fare niente, fissando il vuoto. Uscire di casa mi mette pensiero. Rispondere al telefono non l’ho mai fatto volentieri, non ho neanche voglia di accendere la tv. A volte mi lancio qualche ora in una partita a qualche videogioco, e questo mi distrae da quello che altrimenti sento… Ma quando finisco è tardi, devo andare a dormire, altrimenti non combinerò niente in ufficio il giorno dopo.

Non so come risolvere questa situazione e non so neanche enumerare tutte le cose che non mi stanno bene. Non so da dove partire. Mi sento solo fermo e sperduto in un posto in cui non voglio trovarmi, senza sapere dov’è che voglio davvero andare.

Mi serve di capire dove posso trovare un po’ di voglia di vivere, non molta, ma abbastanza per scacciare via tutti questi pensieri, liquidando di nuovo gli oroscopi con un gesto della mano ed un sufficiente “sono tutte sciocchezze”.