Notturno

Sono qui, a letto. Le mie dita viaggiano veloci e silenziose sopra i piccoli tasti bianchi del mio netbook. Sono qui. E penso.

Penso. E mentre penso indago, e mentre indago cerco. Cerco pezzi, pezzi di me, pezzi del mio cuore e pezzi della mia vita. Cerco di capire com'è successo che queste cose finissero in pezzi.

Penso a te, ma questo è scontato. Penso al tuo gesto con il braccio, mentre dicevi quelle parole con un sorriso che mi è sembrato quasi forzato. Un gesto ampio, orizzontale, con la mano di piatto, come una lama. Una lama che mi ha segato le gambe come se fossero state di burro, prima che riuscissi a finire di dire quello che volevo dire. Penso a quello che ho detto, penso a quello che ho fatto, penso a quello che ho pensato. Penso a come posso aver frainteso tutto, a come tutti hanno frainteso tutto, a come abbiamo visto tutti cose che non c'erano. E a come le ho viste io. Ce le ho tutte chiare davanti agli occhi, le immagini dei momenti a cui mi riferisco, e le tue parole risuonano nella mia testa in quello che mi appare come un controsenso. Penso a quello che è stato ed a cosa ne sarà. Non lo so, non lo so proprio, non sarà facile e comunque vada non mi piacerà.

Penso a me, e cerco di guardare cosa sono, nelle schegge più grandi di me che riesco a ricomporre. Sono di nuovo qua al computer, a battere tasti. E' quello che faccio tutti i giorni in fondo. E' quello che so fare meglio, tra l'altro. In fondo cos'ho fatto nella vita fino ad ora? Ho passato il tempo a studiare ed al computer. Ho preso il diploma alle superiori con 100 e lode, mi sono laureato in tre anni con 110 e lode, ho iniziato la specialistica ed ho già sostenuto i primi esami. Qualcuno mi ammira anche, per questo. Non ci vedo niente di ammirevole. Ho studiato, ho preso bei voti. E allora? Numeri, carta, niente più. Non mi servono, non ne ho bisogno. Sono freddi, distanti e non significano niente. Non significano niente. Non significano bravura, non certificano competenza. Non fanno compagnia, non mi aiutano, non mi fanno neanche sentire bene. Ce li ho addosso, mi si sono appiccicati addosso ormai, ma non li voglio.Le persone che mi ammirano per i miei risultati non sanno quello che ho dovuto sacrificare per averli. I risultati si vedono, i sacrifici no. So cosa pensano "li prendo io i tuoi risultati se non li vuoi". Per mantenere lo scambio equo però, non immaginano da cosa dovrebbero separarsi. E se lo sapessero cambierebbero idea. Cosa ho dovuto dare per avere questi risultati? Tanto, forse anche troppo. Comincio a pensare che se avessi studiato di meno e vissuto di più, sarei meno laureato ma più felice.

Il computer si scalda, la ventola gira. Lo so che non dovrei tenerlo appoggiato sul piumone, perchè non è ben areato, ma sopporterà. In fondo le macchine per lo meno le capisco. Anche loro sono fredde e anche loro non mi rendono felice, ma devo accontentarmi,. Loro per lo meno non potranno ferirmi finchè non sapranno pensare. Farmi arrabbiare sì, ma ferirmi no. E la rabbia la so usare quindi non è un grande problema.

Dov'è la novità, quindi?

Sono solo, studio, e mi lamento di qualcosa. Tutto regolare. Come non essere d'accordo, è la verità. Forse questa volta è più sonora delle altre, forse questa volta ci avevo creduto di più. O forse sperato.

Chiudo il computer e lo metto via. Sento le coperte calde dove prima era appoggiato. E' il massimo di calore umano che posso permettermi, e non è umano neanche per sogno. Mentre mi giro e mi rigiro nel mio letto matrimoniale che mi ricorda che appena due centimetri più in la di dove sono io c'è il vuoto, le tue parole ritornano nella mia mente come l'eco di una antica maledizione.

Siamo amici... Siamo amici... Siamo amici...